10 Ott Missione India 2017 – Ostéopathes Enfant du Monde
Tutto ha inizio a settembre 2016 quando incredula ricevo la chiamata di Béatrice, presidente dell’associazione di volontariato francese “Ostéopathes et Enfant du Monde”, che mi invita ad unirmi al gruppo in partenza per l’India a Gennaio.
Dopo un breve incontro a Parigi per conoscerci, eccomi catapultata in questa magica terra in compagnia di 4 donne francesi. Era la prima volta che si organizzava un’attività in quelle zone, tante erano le aspettative e poche le idee chiare sul da farsi.
La parte sud est dell’India ti permette un approccio relativamente “dolce” con questa terra così diversa dalla nostra realtà. Colonia francese fino al 1954, Pondicherry conserva grazie all’architettura un fascino tutto europeo, ma a pochi passi da questa piccola zona centrale, ha inizio quella da me soprannominata “Contraddiziolandia”: la vera parte indiana, spirituale, ricca di templi coloratissimi e incredibilmente sporca; il luogo dove cani, vacche e senzatetto di ogni età condividono un giaciglio sulla strada tra lo sfrecciare incessante e rumoroso di tuk-tuk floreali, autobus variopinti e macchine dal clacson inquietante che sembra non tacere mai; il luogo dove la gente agiata e benestante vive serena e incurante al fianco di gente spaventosamente povera e nell’aria si avverte un odore misto tra puzza di fogna, spezie e incenso.
Nella mia testa penso: “Se questa è la parte più calma non oso immaginare cosa succede in città come Bombai o Calcutta!”.
Alloggiamo in un hotel situato in riva al mare nella rassicurante zona francese e ogni mattina ci spostiamo col tuk-tuk per raggiungere il centro “Volontariat”, la nostra centrale operativa fondata da Madame De Blich, un’arzilla vecchietta francese che da oltre 60 anni lavora e vive in India cercando di aiutare i più deboli.
Il centro si occupa di bambini dai 2 ai 6 anni, alcuni sono orfani che vivono li, ma la maggior parte di loro viene da famiglie molto disagiate e qui ricevono assistenza e istruzione.
Veniamo accolti con grande entusiasmo e curiosità da questi bimbi che ci circondano e ci vogliono toccare a tutti i costi e ci accompagnano chiassosi e festanti a fare il giro nella struttura.
Sono tutti scalzi, hanno dei piedi cosi neri e consumati…
Molti di loro soffrono di problemi gastrointestinali, hanno subito diversi traumi, quasi tutti vista la quantità impressionante di insetti hanno problemi alla pelle. Anche asma e problemi respiratori sono frequenti, alcuni hanno un evidente ritardo di crescita. Le loro teste sono spesso asimmetriche, dure, compresse e…piene di pidocchi!!
Ognuno di loro ha una storia diversa, alcune sono normali altre sono talmente strazianti da tenermi sveglia la notte a chiedermi come e perché si possa fare così del male a chi andrebbe solo amato e difeso. Cosa potevo fare per loro in qualità di Osteopata? Mi sono sentita profondamente inutile…
Alla fine della prima settimana veniamo accompagnate a “Apres School”, orfanotrofio dove vengono accolti bimbi dai 6 ai 12 anni, che, data la scarsità di risorse umane, invita i bambini a svolgere da soli compiti quotidiani normalmente svolti dagli adulti come il bucato, la preparazione dei pasti e le pulizie. Appena arriviamo fanno a gara per attirare la nostra attenzione con balletti e canzoni, sono “addestrati” a fare così per cercare il favore di “sponsor” che possano mandare loro dei soldi per la loro cura e istruzione. Quando capiscono che non siamo lì per quello l’atmosfera cambia, si fa più rilassata e si mettono tutti in fila per essere toccati: qui il vero lusso, dopo il cibo, sono le carezze. A turno si sdraiano su vecchi banchi della scuola ricoperti di logore lenzuola adibiti a lettini, e ancora prima che inizi il trattamento si addormentano abbandonandosi completamente alle nostre cure. In quasi 10 anni di lavoro con i bambini non ho mai visto nulla del genere. Inutile dire che la mia frustrazione e il mio senso di inutilità dopo una giornata passata lì hanno avuto la meglio e alla sera, rientrando in hotel, ho pianto talmente tanto che alla fine ero disidratata.
Non è stata la mia prima esperienza di volontariato, ma sicuramente ad oggi posso affermare che è stata la più disarmante.
Il resto dei giorni sono continuati così, tra storie strazianti e qualche lieto fine. Il rapporto con le educatrici e con le infermiere si è fatto via via più forte, i bambini ci chiamano per nome, ci portano fiori tutte le mattine, ci dedicano delle canzoni, i loro occhi e i loro sorrisi…che meraviglia!
Mi sono chiesta per tutto il tempo quale fosse il senso di questa missione, era ovvio che i bambini avessero bisogno di tanto altro e non solo di un “semplice” trattamento, ma poi pensai che di contro io non avevo niente di meglio da offrirgli!
E con questo peso nel cuore che arrivo all’ultimo giorno, da una parte ero triste ma confesso che in cuor mio ero anche sollevata e non vedevo l’ora di tornare a casa. Abbiamo deciso di dedicare l’ultimo giorno a ritrattare i casi più difficili, quelli a cui sapevamo che avrebbero giovato altri trattamenti, così vedo lei una bimbetta di 3 anni tutto pepe che soffre di attacchi di asma violenti e frequenti. Mi viene incontro blaterando cose incomprensibili in tamil, guardo Cristine, l’infermiera che ci ha aiutato nell’ultima settimana e le chiedo di tradurmi cosa stesse cercando di dirmi. La piccola era contenta perché nell’ultima settimana non aveva avuto attacchi e aveva potuto giocare con gli altri bambini senza stare male. Lei non lo sapeva ma era la risposta alla domanda che mi aveva assillato nelle precedenti settimane: “Ha senso quello che noi facciamo qui?”
Sì, non siamo onnipotenti né tantomeno indispensabili, ma possiamo umilmente fare la nostra piccola parte, e se la nostra piccola parte sarà servita anche solo ad alleviare momentaneamente le sofferenze di un bambino ne sarà comunque valsa la pena. Mi tornano in mente allora le parole di Madre Teresa “Quello che noi facciamo è solo una goccia nell’oceano, ma se non lo facessimo l’oceano avrebbe una goccia in meno.”
Mi ci è voluto diverso tempo per metabolizzare questa esperienza, a dire il vero anche adesso che è passato quasi un anno, non ho ancora afferrato bene il senso di ciò che ho vissuto…è come se mi mancasse ancora un pezzo del puzzle!
Questo è solo il racconto del viaggio di un piccolo essere umano nel Tamil-Nadu, tra magia, spiritualità, sorrisi disarmanti, condizioni igieniche discutibili, rabbia, dolore, senso di impotenza e infine gioia…
Il viaggio di un semplice essere umano che sapeva già di essere piccolo, ma che non aveva ingenuamente neanche immaginato quanto… ora in partenza per un’altra missione a cercare il pezzo mancante..
Informazioni utili
OEdM è un’associazione umanitaria francese, la presidente Beatrice Blaser e i suoi collaboratori organizzano missioni umanitarie a favore dei bambini in varie parti del mondo come India, Cambogia, Marocco. Per partecipare alle missioni è necessario non solo essere osteopati diplomati ma soprattutto avere una buona esperienza nell’ambito dell’osteopatia pediatrica. Potete trovare i moduli per partecipare e ulteriori informazioni sul sito www.osteoenfantsdumonde.com
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